Archivio per la categoria ‘bionde avventure’

Ci sono momenti in cui nutro forti dubbi sullo stato di salute dello spirito da party mio e del mio prode compagno di bionde avventure e tremo all’idea di vederci diventare due vecchie cariatidi con lo scialle sulle spalle e una tazza di té in mano. Meno male che quando ciò accade vengo poi prontamente smentita dalla phantomatica capacità che abbiamo di trasformarci in meno di un’ora in divi indiscussi del travestimento.

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Siamo alle porte della notte di Halloween, appena rientrati da una sessione di allenamento intensivo in palestra e intenti a consumare affamati una cena a base di uova al curry e peperoni piccanti. Ci guardiamo negli occhi e uno dei due esordisce: “Che facciamo, andiamo?”. Il tono è piuttosto perplesso e la risposta sta per essere un timido no, ma qualcosa ci trattiene. Riandiamo con la mente alla settimana appena trascorsa: un film di Miyazaki e la trilogia storica di Star Wars, tazze di tè, tanta uva e una coperta sul divano. “No, non possiamo continuare così”. Ok, andiamo alla festa di Halloween. Ma accidenti, non abbiamo idea di come travestirci e dopo esserci assicurati che almeno uno degli altri partecipanti ha tutte le intenzioni di presentarsi mascherato noi non possiamo assolutamente essere da meno! Apriamo dunque gli armadi con la fiducia data dall’esperienza, certi di trovare qualcosa di adatto. Quaranta minuti, una doccia ciascuno, abito elegante, papillon, tabarro, cerone bianco e nero e guanti di pelle ed ecco apparire the Phantom of the Opera, fedelmente accompagnato da una meretrice di Satana con stivali, frustino e collare rosso che pochi credevano potessi essere io. Quanto amo questa folle capacità di creare look favolosi in qualunque occasione? Tanto, ça va sans dire. Così possiamo fare la nostra comparsa dal buon Paolino, al Bistrot Ateneo, per tutti luogo di vari ricordi e per me, devo dire, in modo particolare – ma in effetti questa è una storia ormai antica (per fortuna!) e non sono certo qui per fare la sentimentale. Però è sempre bello trovarsi tra amici, soprattutto quando si è perfettamente in tono con l’ambiente. Ragnatele, zucche, mummie appese per i piedi – con cui mi sono anche scontrata in un attimo di distrazione – ci fanno sentire completamente a nostro agio mentre ci sediamo ad un tavolo e decidiamo cosa ordinare insieme al “nonno” conciato da reduce di guerra. Una birra e due Jack O’Lantern, grazie! Sarà stato il frastuono della musica o gli ululati degli spettri e lo stridore di denti, fatto sta che ci arrivano due cioccolate. Sorvoliamo sul fatto che il mio compare sarebbe forse morto se l’avesse bevuta, ma mi sarebbe piaciuto vedere la mia faccia quando ho annusato la tazza per assicurarmi che non fosse alcolica prima di mandarla indietro. Sì, l’ho fatto: c’è una piccola Karen Walker che abita nel mio petto, senza contare che sono la regina delle figure di … m.

Eccone un’altra. Sono seduta di fronte al suddetto nonno e sorseggio beata il mio cocktail con strisce di liquirizia, intenta a raccontargli dell’ultima figura di m. Si parla di pelati, non di pomodori ma di uomini colpiti dalla piaga dell’alopecia androgenica, e nella fattispecie del pelato che in quel momento gli siede accanto, ma per fortuna è distratto e non sente che sto parlando di come due giorni prima gli abbia chiesto se per caso si era fatto lo shampoo. Ad un certo punto alzo gli occhi e li fisso in quelli del nonno, accorgendomi di come mi stiano guardando accigliati. Che ho detto?! Poi lo vedo e capisco. Eppure sapevo che uno dei motivi per il suo soprannome era la piccola piazza allargatasi al centro della sua testa e sapevo quanto questo potesse dargli fastidio! Ma ormai è troppo tardi per tornare indietro e allora cerco di rimediare dichiarando eterna adorazione alle sue basette. Ho scarso successo, ma in fondo io e lui ci vogliamo bene anche per questo.

Per fortuna ho bilanciato queste due clamorose cadute con una serie di gesti e risposte da diva a beneficio di qualche sprovveduta che mi chiedeva da cosa fossi vestita. Tesoro, se non sai riconoscere una peripatetica con al collo un sonaglio che recita “Ring fo SEX”, beh, allora forse ti sei persa qualcuno dei passaggi fondamentali, tipo il comando “Crescete e moltiplicatevi!”. Ne sono seguite interessantissime discussioni sul tema in cui sono emerse questioni a dir poco vitali e sono stati esposti punti di vista decisamente intelligenti. Bilancio della serata? Uno: le vere dive non muoiono mai. Due: non tutti gli uomini sono uguali e questo viene fuori quando meno te lo aspetti. Grazie al cielo, per entrambe le cose, e in sintesi, dobbiamo uscire più spesso.

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Dopo essere stato bloccato a Torino, un paio di settimane fa, per un’intera giornata in più oltre ai miei programmi, pensavo di aver soddisfatto la mia quota di disavventure targate Trenitalia, almeno per la stagione autunnale. Inutile dire che le mie biondissime convinzioni al riguardo erano assolutamente fallaci. Ultima- ma non ultima- l’esperienza di domenica scorsa. Dopo vari tentennamenti e problemi tecnici ed organizzativi finalmente risolti, avevamo deciso di concederci una giornata di svago dal duro lavoro di blogger che ci tiene incollati allo schermo per almeno sei sere (notti?) alla settimana. Belli come il sole, ben pettinati e vestiti a festa nonostante l’arrivo del grande freddo, ci dirigiamo a passo spedito verso la stazione, ingenuamente convinti di poter partire alla volta di un luculliano pranzo in agriturismo in ottima compagnia. Ci mettiamo in coda alla biglietteria automatica- le cosiddette macchinette- per evitare la coda, facciamo il biglietto, per due. Dopo qualche tentennamento decidiamo preventivamente di acquistare anche i biglietti di ritorno- che genialata, eh!- in modo da non doverci precipitare in stazione più tardi. Il tempo di eseguire la transazione ed ecco l’altoparlante annunciare che il treno in questione era stato soppresso. Attimo di smarrimento ma, poco male, prenderemo il successivo. Una rapida occhiata al tabellone, ahinoi, ci fa chiaramente capire che tutti i suburbani per Milano sono stati irrimediabilmente cancellati. Altro attimo di smarrimento: che fare? In primis, disilludersi sulla possibilità di raggiungere l’agognato agriturismo. Messo a fuoco il danno ed avvisati gli organizzatori dell’inaspettato pacco dell’ultima ora, ci mettiamo in coda per il rimborso. Una gentile quanto insoddisfacente bigliettaia ci comunica candidamente che i treni sono stati soppressi causa sciopero di Trenord, visibilmente annunciato sul sito di Trenord (ma ovviamente non su quello di Trenitalia, che avevamo consultato prima di partire da casa) e che essendo i biglietti stati emessi da questa società, non sono né rimborsabili né modificabili in questa stazione. Ergo: per avere il rimborso o la sostituzione occorre andare direttamente in sede Trenord, a Milano, spendendo quindi in soldoni l’equivalente del biglietto per ottenerne il rimborso, squisitamente nonsense. Oltre al danno, pure la beffa.


Dopo notevoli ed elevate riflessioni personali e comunitarie, avremmo alcuni suggerimenti e interrogativi da indirizzare alla gentilissima attenzione della gestione degli efficientissimi trasporti italiani:

  • lo sciopero è un diritto, e va benissimo. Ma se, per un motivo o per l’altro, i disservizi di questo tipo si presentano con cadenza settimanale o quasi, dove va a finire la tutela di quei poveri sfigatelli che, non avendo un mezzo proprio, sono costretti a muoversi con i treni?
  • dal momento che l’utente medio è interessato ad arrivare molto più di quanto non sia interessato o consapevole della società con cui sta viaggiando, non potreste essere così gentili da annunciare gli scioperi di Trenord anche sul sito di Trenitalia, in modo che tutti i comuni mortali lo possano vedere?
  • immagino che dietro questa complessa gestione delle tratte Lombarde ci siano team di tecnici professionisti, innumerevoli leggi da rispettare, questioni prettamente gestionali e legali che non conosco. Ritengo tuttavia che se una biglietteria è autorizzata a vendere dei biglietti, potrebbe anche essere autorizzata a rimborsarli e modificarli in loco, senza dover chiedere udienza a sua eccellenza Trenord nella luminosa sede a soli 30km di distanza;
  • qual’è la difficoltà di segnalare chiaramente lo sciopero apponendo un volantino, magari formato A4, direttamente sulla macchinetta, in modo che tutti coloro che evitano di intasare la biglietteria vera e propria ne siano al corrente? Come direbbe il nostro amato Muciaccia, bastano un foglio, un pennarello e tanta colla vinilica!

Trenitalia, Trenord o chiunque tu sia, stavolta non ti scuso per il disagio! Il treno dei desideri è il treno che c’è.

/m

Cari lettori, se siete o siete stati anche voi studenti fuori sede e non avete avuto la (s)fortuna di vivere in collegio, sicuramente avete, come me, provato l’angosciosa incognita di dover ricercare forsennatamente un nuovo appartamento e dei nuovi coinquilini con cui abitarlo. Ardua ricerca, non tanto per il contenuto vero e proprio dell’impresa, quanto per le varie specie di casi umani in cui ci si imbatte dandosi da fare in operazioni di questo tipo. Dai sociopatici veri e propri ai decerebrati semplici, cercherò ora di enucleare una carrellata di esemplari che, stenterete a crederlo, provengono tutti da storie assolutamente vere.

  • quelli fissati con la cosiddetta settimana corta; non riesco veramente a capire per quale motivo un locatore dovrebbe preferire un affittuario che non c’è nel week end ad uno che occupa la casa in pianta stabile. Pensa forse di potersi introdurre furtivamente ed illegalmente in casa per dare festini degeneranti a base di alcol e sesso il sabato sera? pensa di poter subaffittare la stanza a qualche categoria incognita di persone alle quali servirebbe soltanto dal venerdì alla domenica? punta sul fatto che in questo modo le cerniere dei mobili e delle porte si usurino di meno? Mistero della fede. E alla domanda: “ma se volevate un inquilino che fa la settimana breve, perché non l’avete scritto nell’annuncio?” la risposta ” perché così ci chiamerebbe meno gente!” suona squisitamente nonsense.
  • quelli che dividono tutto; eccoci in un amabile appartamento occupato da tre fanciulle in cerca della quarta sorella in spirito con cui condividere tutto. O meglio solo l’appartamento. O meglio, praticamente nulla. Il bagno è privo di tutto, non ci sono mobiletti, asciugamani, spazzolini. Interrogata a proposito, la paranoica inquilina dichiara che per motivi di igiene in bagno non si tiene nulla, ogni ragazza si porta di volta in volta tutto appresso, compresa la carta igienica, rigorosamente individuale e personale. Ora, l’unico posto al mondo dove si entra nel cesso tenendo in mano il rotolo è il campeggio, per il semplice fatto che spesso ne è sprovvisto. In ogni caso, faccio davvero fatica ad immaginare queste ragazze che al mattino fanno la coda per la doccia con tanto di mobiletto montato su rotelle trascinato al loro seguito a mo’ di trolley. Le comodità di prendere casa, eh!
  • quelli anacronistici; pensi che l’uomo ultracinquantenne che ha suonato il tuo campanello sia venuto per prendere in affitto la stanza per il figlio studente, ma ti sbagli di grosso. Si tratta di un lavoratore desideroso di vita in comune e stufo del pendolarismo. Con malcelato imbarazzo, complici gli altri coinquilini che ridono sguaiatamente in faccia al malcapitato, rispondi alle sue domande prive di buon senso: “Ma quindi sarei il coinquilino più vecchio?” “No, affatto, nella doppia ci sono Rita Levi Montalcini e Margherita Hack. E fanno pure la settimana corta”. “Ma avete dei momenti di aggregazione prestabiliti?” “Naturalmente! Tutti i giovedì rosario davanti al camino e tutte le domeniche dopo pranzo ci diamo al ricamo collettivo”.
  • quelli dei no. No alle matricole, come se quelli che al primo anno di università hanno devastato la casa a partire dal secondo diventassero automaticamente agonisti del mocho vileda ed appassionati di lavaggio piatti. No ai ragazzi maschi, perché sicuramente non si lavano, non cucinano, non hanno rispetto dei mobili e tenteranno di insidiare la vostra verginità in ogni modo. Molto meglio un covo di vipere tutto rosa, e viva il luogo comune. No ai fumatori: d’accordo, neppure a me piace l’odore di fumo, però non è detto che l’inquilino in questione fumi in cucina e depositi la cenere sul divano! Magari poi vi beccate qualcuno che ha la fiatella ai sapori d’oriente o una campionessa interregionale di puzzette silenziose, oppure una balena spiaggiata che gira per casa seminuda e si chiede il perché del suo colesterolo alto mentre prepara il fritto misto mangiando pane e margarina. E dove pensate che sarà il vostro dio, in quel momento? 

Ce ne sarebbero tante altre di storie come queste, le dolcezze della vita comunitaria non sono certo così poche, quindi aspettatevi, presto o tardi, un seguito. Per la stesura di questo articolo si ringraziano una bionda ed una ancor più bionda- lascio a loro la rispettiva identificazione- i vostri spunti e vividi racconti sono stati davvero fonte di grande ispirazione!

/m